Roma, Santa Cecilia András Schiff suona Bach

Prosegue il progetto bachiano di András Schiff a Santa Cecilia: dopo il Libro II del Clavicembalo ben temperato lo scorso 17 gennaio, il grande pianista ungherese porta all’Auditorium le seiSuite inglesi BWV 806-811, venerdì 7 febbraio alle 20.30 in Sala Santa Cecilia per la stagione cameristica.

Esecuzione pianistica, dunque, per una delle due raccolte di suite composte da Bach per clavicembalo: l’altra è quella delle Suite francesi (pure in numero di sei), il cui nome ha origini certe mentre le Inglesi si chiamano così non per volontà dell’autore. Inglesi, forse, perché dedicate a un nobile d’Oltremanica, come confermerebbe l’annotazione Faites pour les Anglois apposta dal figlio Johann Christian Bach su una copia. O perché la struttura dei brani riprende consuetudini tipiche dei compositori francesi allora residenti in Inghilterra. Sta di fatto che il titolo fu attribuito da Forkel, biografo di Bach.

Questioni nominalistiche a parte, le sei suite che Schiff interpreta a Santa Cecilia, composte con ogni probabilità nel periodo di Weimar e di Cöthen (1715-1723), sono quel che ogni buon conoscitore di Bach può attendersi da una suite barocca – che consiste in una raccolta di pezzi in forma di danza – passata per l’officina del genio di Eisenach: una forte ridefinizione della forma data, con esiti alquanto lontani dal modello. Con un’imponente opera di revisione, dilatazione, spostamento dei “fuochi d’ascolto”. Con la consueta – per Bach – moltiplicazione a specchio di elementi tematici e stilemi, per scavare nella struttura musicale e vedere cosa se ne possa cavare mettendone al lavoro le parti. Insomma, le Suite inglesi sono una raccolta di suite e sono nel contempo molto di più: una Gestalt sperimentale, esattamente come i Brandeburghesi nei riguardi della forma italiana del concerto grosso.

Tappa meno appariscente, in ciò, di altre che compongono il percorso bachiano, consistito nell’impossessarsi delle forme consegnate dalla tradizione, “aprirle”, esplorarle sistematicamente, farle muovere sullo spartito inducendole ad auto-rigenerarsi e a generare nuove forme. Sicuramente il Wohltemperiertes Klavier è più esplicito, in questo senso – perché lavora su un assetto formale che era nuovo di suo, quello generale del sistema tonale temperato e della riduzione degli antichi modi all’opposizione maggiore-minore – ma è pure più rarefatto: qui, nelleSuite, il bisturi entra nella carne della musica “di genere”. Vengono scompigliate le tranquille acque d’un “format” – diremmo oggi – consolidato e nelle orecchie di tutti, all’epoca. Musica di corte ma anche popolare, di cui Bach non nega le immediate capacità espressive ma sconfessa lasimplicitas d’obbligo; ponendo in luce articolazioni latenti nella semplice forma base e portandole spesso in primo piano.

Schiff, esecutore e didatta che spazia da decenni tra Mozart e Bartók, con sotto le mani e in testa l’intera parabola beethoveniana fino ai sublimi, profetici deliri delle ultime sonate (l’integrale eseguita proprio a Santa Cecilia tra 2004 e 2006), conosce perfettamente questo terreno ed è guida ideale per affrontarlo, grazie al nitore del fraseggio – deputato a render chiare le linee e le direzioni del contrappunto – che non esclude, anzi spesso esalta, la resa del potente, complesso intrico in cui l’esploratore Bach conduce la materia prima per riformularla – la forma della suite, in questo caso –. Schiff, sembrerebbe, s’è dato il compito di mostrare una via di superamento della storica, e ancora presente, dicotomia dell’interpretazione bachiana: quella che oppone i fautori della filologia e della “musica pura” a chi invece sottolinea la “vita” e il germinale preromanticismo di Bach. Opposizione che in Bach non esiste, sembra dire Schiff: in Bach la concentrazione formale genera immediatamente espressione e il pathos rigenera e moltiplica la forma.

I biglietti per il concerto di András Schiff vanno da 18 a 42 euro. Per informazioni, e per saperne di più, 06-8082058 e www.santacecilia.it.