Allevatori bergamaschi sollecitano accordo su prezzo del latte

La scadenza del contratto che fissa il prezzo del latte in Lombardia è ormai alle porte e gli allevatori bergamaschi esprimono viva preoccupazione. Il prossimo 31 gennaio, infatti, esaurirà i propri effetti l’accordo interprofessionale che fissa il cosiddetto prezzo del latte “alla stalla”, ossia il prezzo che gli industriali corrispondono agli allevatori.

“Anche quest’anno la fase conclusiva della trattativa tra le parti si prospetta dura – afferma Roberto Valota, rappresentante della Sezione Zootecnica di ABIA-Confai -, ma quel che è certo è che nessuno può permettersi il lusso di lasciare che un comparto produttivo di così alto pregio si venga a trovare, da un giorno all’altro, in una situazione di totale incertezza e ingovernabilità”.

Per l’associazione bergamasca dei contoterzisti agrari vi sarebbero i margini di mercato per un aumento di quattro o cinque centesimi, in quanto il prezzo lombardo del latte “spot” si trova attualmente intorno ai 47 centesimi per litro. Quest’ultimo, lo ricordiamo, è il prezzo del latte non ricompreso nei contratti di fornitura, vale a dire una sorta di indicatore del prezzo reale di mercato in un dato periodo.

“Non dimentichiamo inoltre – afferma Valota – che le nostre aziende si trovano a sostenere costi di produzione mediamente più elevati rispetto al resto d’Europa: ciò è dovuto, tra le altre cose, ai maggiori sforzi profusi dagli allevatori lombardi per mantenere gli standard qualitativi richiesti dai rigorosi disciplinari fissati per le produzioni casearie della nostra regione”.

La situazione di incertezza che sta caratterizzando in questi giorni il settore latte colpisce, nella sola provincia di Bergamo, oltre 950 allevamenti che producono attualmente più di 3,5 milioni di quintali di latte all’anno.

“Alle difficoltà legate alla trattativa sul prezzo del latte – conclude Valota – dobbiamo aggiungere infine le inevitabili conseguenze di carattere organizzativo e strutturale che è lecito aspettarsi tra poco più di un anno con la fine del regime di quote di produzione, stabilita dall’Unione Europea per il 31 marzo del 2015”.