Ex aequo et bono

37238_126284017408982_119427384761312_124358_3124373_sSe c’è qualcuno da giudicare non è la cosiddetta “ Casta” ,  è il popolo italiano. Giudicarlo e condannarlo per il suo essere “cliente”, servo, schiavo. Per il suo tesserarsi a destra o a manca. Per il denaro speso per il “suo partito”. Per le bandiere fatte sventolare con un falso orgoglio nelle piazze, nelle manifestazioni. La nostra condanna è nel saperci distinguere in – noi e loro – come a dire comunisti e  fascisti! Questo accade regolarmente ovunque in tv quando vengono a trovarsi l’uno fronte all’altro sperpera-parole di schieramenti contrapposti, che oltre ad insultarsi se ne fregano dei veri problemi che affliggono questo popolo schiavo. I nostri rappresentanti ( tale popolo, tale politico) al governo non ci dicono mai una verità. Una verità che non diranno mai è che per l’Europa l’Italia non deve uscire dalla crisi economica pilotata; voglio dire che noi da questo marasma non ne salteremo mai fuori. La Grecia se la sono già “ mangiata” noi siamo già a quella soglia. Loro pur di non toccarsi nemmeno un centesimo di euro ( che porcheria di moneta) preferiscono aggravare ancora di più la nostra già bruttissima situazione.    Ex aequo et bono ,  Equità.   Per loro questa è una parolaccia, ma che vuole dire equità? Nel diritto l’equità è un criterio di giudizio talvolta ammesso dalla legge Ovidio scrisse: « Io non avrei il coraggio di difendere costumi disonesti e di impugnare armi ingannatrici in difesa delle mie colpe. Anzi, confesso, se confessare i peccati può in qualche modo giovare; ma ora, dopo la confessione, ricado come un insensato nelle mie colpe » Sono e resteranno solo parole che non smuoveranno coscienze,moralità, altruismo, solidarietà. Mi piacerebbe potermene andare da questo paese, ex nazione, ex stato! In un altrove dove non si è tiranneggiati da un continuo aumento delle tasse, della criminalità, della corruzione che prima pareva essere solo un triste primato di un  Sud annesso con la violenza e l’invasione una parte di storia di questo paesino che mai è stata fatta conoscere né studiare sui testi scolastici; l’imbroglio dell’Unità d’Italia. Quindi in conclusione, se vogliamo salvarci dovremmo col cominciare a non distinguerci, a non essere divisi. Cominciare a rispettarci perché siamo un popolo e non un congrega di gente diversa. A non rinnovare più nessuna tessera, a pensarci bene prima di mettere un segno su una scheda elettorale.