Poesia per l’estate, Antonio Migale e i paesaggi del Sud profumati di salsedine e ginestra

Antonio Migale (Cutro 1931 – 1998) soprattutto pittore e la sua pittura è la proiezione del suo modo di sentire e di vedere le cose, un modo fantasioso e fanciullesco insieme, proprio di chi ha vissuto tutti i gradini della razionalità. Il suo modulo espressivo, quasi surrealistico, è stato utilizzato forse con l’obiettivo di presentare delle visioni che dessero all’osservatore la certezza immediata dell’autentico e dell’originalità e non dell’imitazione e della copia. In questo contesto, il colore stesso, con prevalenza del rosso-marrone, dà ai soggetti dei quadri una certa vivacità, pur se spesso vengono dipinti atteggiamenti tipici della vecchiaia, quasi che il nostro pittore volesse accarezzare col pennello le sue immagini senza appesantirle. Le sue opere, solo patrimonio della famiglia e degli amici, non sono viziate dalla conformità ad una tradizione iconografica, stilistica e tecnica: è stato pittore per forte passione, autodidatta, che ha seguito esclusivamente il suo istinto, dotato com’era di grande sensibilità morale ed artistica. Per l’amico Antonio, la vita era rappresentata e vissuta attraverso un ventaglio di attività che non si limitano alla sola pittura. È stato anche scultore e restauratore di opere lignee e fittili. È stato un cultore raffinato di numismatica anche classica e di filatelia. E negli ultimi anni, cosa davvero insolita, da buon collezionista si era dedicato alla raccolta di immaginette sacre e solo con l’obiettivo di lasciare delle testimonianze di tradizioni e fede popolare. E a tanto ispirato artista non poteva mancare la poesia, chè già tutto il suo itinerario è intriso di spirito poetico. La sua è una poetica giovanile e matura nel contempo giacché ci ha lasciato una corposa ed elegante silloge di liriche scritte negli anni liceali a Frascati nel lontano 1950 e custodite gelosamente nel cassetto per tutti questi anni. Solo post mortem sono state rinvenute dai familiari e amabilmente offertemi per essere conosciute ed apprezzate e comunque meriterebbero miglior fortuna, in termini editoriali. È poesia realistica che ferma gli eventi più importanti: dall’esuberante giovinezza ai silenzi della meditazione e della preghiera, dalla lontananza dal paese all’amore sempre presente e tutto con un verso raffinato e un linguaggio aulico,di altri tempi. Basta leggere Lontano dalla donna amata laddove scrive:”triste è la vita di Maria,/amor sincero e sconfinato assai./D’ogni beltà sua priva è l’alma mia,/piangente e lacrimante il cuore ormai./Unica speme nata nel mio petto,/conforto solo al misero lontano,/è il riveder con più fidente affetto/la donna cara non attesa invano./La donna che per me piange e sorride,/la donna che mi dà forza e calore,/la fata buona che a me solo arride/col dolce bacio, con suo grande amore,/per ritemprare e rendere costante/l’affetto grande d’un sì grande amante”. E ancora in Alla luna Migale pare voglia trasformare la realtà e la vita in bellezza:”O luna amica,/ o degli affanni consolatrice,/…Dille che le mie notti sono sue/…Favella infine/come il mio cuore, incline/al dolce amore,/altro pensier non ha che la sua gioia/…”. Leggendo qua e là tra le tante liriche e segnatamente L’amaro pianto, Sconforto, Invocazione al dolore, Pastorella, ed altre senza titolo, ci accorgiamo di essere in presenza di una poesia totale, rara, pregiata e preziosa. Ci si commuove davanti ad un vero poeta che incanta, trascina, fa pensare e trasognare nella “notte precoce, nunzio di bufera”, fa respirare nel grande mare dell’immensità e della nostalgia che procura tanto amore. E allora il poeta di Cutro pensa “quando la sera con accenti arcani/e con sospiri dolci e pien d’amore/parlano ai mortali, volano lontano,/dal mesto cuore/pensieri di sconforto e di sgomento…”. In sostanza questa del Migale è poesia di un tempo passato, legata a momenti di vita giovanile e sicuramente irripetibili: nostalgia, malinconia e soprattutto amore, quello vero. Antonio Migale si lascia prendere dalla nostalgia anche di un passato glorioso e favoloso, evoca paesaggi inondati di luce e di sole, specchiati nell’antico mare del Sud e profumati di salsedine e ginestra. Davvero chi legge queste liriche non riesce a staccarsene: Totò Migale  attrae come in un piacevole contagio. Già perché in ogni sua lirica cogliamo l’inebriante incanto dell’amore, l’armonia e la bellezza delle mille voci della natura assieme ad una filosofica accettazione cristiana del dolore, del male e della fine.