Rombiolo, il ritorno alla terra come riscoperta della cultura

Il ritorno alla terra, alla millenaria civiltà contadina, ai suoi autentici valori, al patrimonio lasciato in eredità da una straordinaria cultura fatta di lavoro, sacrificio e cura dell’ambiente, come fondamentale messaggio etico, culturale e spirituale, da cui ripartire. I contadini sono stati gli “ecologisti” e i cultori che hanno custodito nel loro dna questa esperienza e memoria, l’unica che può curare l’ambiente e l’uomo contaminati sia fisicamente che nell’anima. E a questa ispirazione storica e spirituale che la nuova associazione culturale “Alma Tellus” si richiama, come principio rivoluzionario contro questo sistema capitalistico-finanziario che continua a produrre disastri all’ecosistema, disumanità e ingiustizia sociale, garantendo soltanto spietati profitti, sfruttamento, dominio brutale e disperazione.

Il progetto etico-culturale dell’associazione Alma Tellus è stato presentato sabato sera, a Pernocari (nei locali della sede sociale, piazza don Crisotofaro Mazza, messa a disposizione dall’Amministrazione comunale di Rombiolo, grazie all’impegno del sindaco Giuseppe Navarra). Un’associazione con un’anima antica che vuole radicarsi alla terra e con una sensibilità aperta, europea – ha spiegato il presidente Nicola Rombolà nel suo intervento introduttivo – in quanto partecipano persone di altre realtà nazionali. Il messaggio è contenuto nel titolo-slogan che ha scandito la manifestazione, “Alma Tellus, la cultura feconda” ha sottolineato Ropmbolà: sia come natura insita alla stessa attività, azione interiore rivolta alla coscienza e alla dignità della persona, e sia come azione sociale e culturale per promuovere colture e prodotti legati al mondo contadino, saperi ed esperienze umane e pratiche, salvaguardando l’ambiente e la salubrità dei prodotti, coltivati con metodiche naturali, per disintossicare la terra e l’uomo dai veleni che continuano ad inquinare i cibi.

Un altro importante lavoro su cui si impegnerà l’associazione Alma Tellus, sarà quello del ritorno alla cultura orale in tutte le sue forme, quella trasmessa dalla sapienza dei saperi della civiltà contadina, come liberazione della parola, delle proprie emozioni e pensieri, per far incontrare i cittadini in un rapporto diretto e immediato, per non subire il potere manipolatorio e mistificatorio dei mezzi di informazione in mano alle lobby e alle diverse e inveterate caste. Questo tipo di cultura e di comunicazione, a coronamento della ma infestazione, è stata incarnata dall’attore Nino Racco, che ha rinnovato l’antica tradizione dei cantastorie siciliani, in una forma teatrale innovativa, reinterpretando il classico “La baronessa di Carini”. Una performance che ha suscitato tra i numerosi presenti una grande emozione estetica, sia nel “cunto” che nel “canto”, avvertendo la forza espressiva nelle corde di questo originale artista calabrese (ha scelto di vivere a Bovalino nella Locride) che ha ricevuto dei premi internazionali proprio per questa sua grande versatilità di mettere insieme la cultura orale, passando per l’esperienza dei cantastorie siciliani dell’epica cavalleresca medievale, con l’evoluzione della drammaturgia contemporanea. Questo atavico patrimonio è stato rappresentato anche attraverso le opere di un artista-contadino, Annunziato Monteleone, che ha dato vita a sculture con il legno di ulivo, simbolo della millenaria storia materiale e spirituale del Mediterraneo e pianta che segna l’identità profonda del paesaggio calabrese. Dalle sue opere, che hanno fatto da scenografia (insieme all’arte dei cestini (realizzati da Nicola Contartese) allo spettacolo di Nino Racco, allestite da Antonella Iemma (scenografa), questo artista-contadino naif che vive nel Poro, fa intuire che coltivare la terra diventa culto (dalla radice etimologica “colere”, da cui il termine ‘cultura’). Il lavoro nei campi si carica così di elementi sacri, misterici, (come ci è stato consegnato dai miti greci e primitivi della grande dea madre), sacralità vissuta messa in luce da Giuseppe Berto in un noto articolo scritto nel 1972 (“La ricchezza della povertà”, Resto del Carlino).

Per illustrare il progetto  etico-culturale e l’impegno sociale dell’ associazione è intervenuto il vicepresidente di Alma Tellus Francesco Brosio, il quale ha sollevato la questione antropologica che ha visto il lavoro dei contadini come umiliante, e degli sprechi compiuti a cominciare dalla Cassa per il Mezzogiorno, che ha prodotto la figura del parassita), hanno partecipato alla serata lo scrittore-giornalista Vincenzo Varone,che ha sottolineato il grande valore della memoria insita alla civiltà contadina, come patrimonio della nostra più profonda identità culturale e materiale; Antonio Pugliese (docente all’Università di Messina) che ha richiamato la nuova riscoperta dell’agricoltura sociale; l’on. Brunello Censore (parlamentare PD), il quale si è soffermato sulla necessità di portare avanti una politica che metta in primo piano l’agricoltura e la difesa delle identità del territorio; il sindaco di Zaccanopoli Pasquale Caparra, che ha posto la questione delle tipicità, denunciando come in tutti questi anni si sia fatto poco per la tutela di alcuni importanti prodotti; ed infine Vinecenzo Ienuso (presidente dell’associazione Dieta Mediterranea di riferimento di Nicotera) che ha spiegato l’intenzione di avviare una collaborazione con Alma Tellus e i prossimi appuntamenti internazionali a cui la sua associazione è stata chiamata a partecipare.