Polis

Ricordi di scuola, appunti tratti da un mio quaderno quando si studiavano queste belle cose, che riprendo poiché provenienti da un mondo che non esiste più. Si tratta di appunti sottolineati e corretti e rileggendoli oltre a un’intima commozione si sono rivelati più che mai attuali in questo oggi. In questo nostro lurido, luridissimo sistema nel quale pare che nulla abbia più valore dei propri interessi e per ottenere gli stessi anche massacrare popoli. Non solo con le armi o con le dittature, ma con armi più sofisticate quali, la supremazia economica ad ogni costo. E mentre noi, continuando a convivere assieme mal volentieri, ideologicamente pure contrapposti; e mentre noi ignorando il significato stesso, della convivenza e della condivisione di altra cultura e altri pensieri, qualcuno dalla plancia di comando di questa comunità europea esige e preleva denaro, impoverendoci silenziosamente. Siamo stupidi? Mi piace trascrivere di Tirteo la sua poesia, un’esortazione al valore che intenderebbe a educare la nuova classe alla dedizione della Polis << La guerra lacrimosa annulla tutto: lo sapete, conoscete lo slancio d’aspre lotte. Giovani, foste con fuggiaschi e inseguitori, e d’entrambi le sorti siete sazi. Quegli audaci che vanno fianco a fianco nella mischia serrata, all’arma bianca, in prima fila, muiono in pochi e salvano il grosso che va dietro. Quando si trema, ogni valore è spento>>. Eppure basterebbe poco per stare meglio tutti, forse la ragionevolezza o la disponibilità ad ascoltare l’avversario per capire cosa voglia fare e magari ragionando assieme giungere a un accordo per il bene della Polis. Sarebbe bastato comprendere che litigando non si arriva a conclusione e da nessuna parte. Sarebbe stato saggio prima di promulgare la qualsiasi legge, capire tutti i suoi risvolti negativi per la Polis, sarebbe stato giusto andare a verificare cosa ne sia stato fatto del denaro regalato a sacchi per opere inutili, le famose cattedrali nel deserto. Sarebbe stato onesto controllare e non permettere a chiunque di fare ciò che vuole nella casa, sarebbe stato quantomeno umano nei momenti tragici non approfittarsene come il finanziamento ai parti, gli stipendi esagerati, le pensioni d’oro, il ladrocinio in tutti i comparti di questa macchina facinorosa che è questa maledetta Polis, e non solo ma anche la giustizia che non è uguale per tutti; sarebbe stato onesto anche non creare disuguaglianze sociali, sarebbe stato giusto fucilare chi si è macchiato di frode o di qualsiasi altro delitto contro gli interessi del popolo. Forse non  hanno ben compreso che cosa significhi < Polis >, forse anche il popolo ha le sue gravi colpe, permettendo che quanto è accaduto in passato è accaduto nuovamente. Con il termine polis si indica una città stato della Grecia antica. La peculiarità della polis non era tanto il governo, democratico od oligarchia che fosse, ma l’isonomia, cioè che tutti i cittadini soggiacessero alle stesse leggi di diritto. A fare che tutto andasse per il verso giusto era l’armonia esistente fra la polis e gli individui che la componevano, ( proprio uguale a noi, qui in Italia) era uguale a quella esistente fra il “ tutto” e il Kosmo. In virtù di questa corrispondenza l’uomo si sentiva inserito nella comunità, trovando la propria realizzazione e la partecipazione alla vita collettiva e nella costruzione del bene comune. La Tirannide fu la peggiore forma di governo della Polis, fuori dalla legge, impossibile da controllare da parte della comunità fu imposta con la forza e capace di operare rigide forme di controllo nei confronti dei cittadini. Mirabile la sua capacità ad adeguarsi sentendo anche un piccolo segno di mutamento pur di sopravvivere. La polis come comunità cittadina e come entità politica indipendete ( noi purtroppo non lo siamo più), era dotata di istituzioni e leggi proprie, corrispondeva ad uno spazio geografico definito e stabile. Aristotole considera nel suo libro (Politica) la città come punto d’arrivo qualificato, organizzato intorno ad un centro all’interno di un perimetro, ciò pone il problema dello spazio cittadino, problema che ci siamo portati sino ai giorni nostri. Nella polis i diritti e i doveri del cittadino comprendevano l’attività politica, il servizio militare e la partecipazione alla vita religiosa della comunità. Il godimento dei pieni diritti politici spettava solo ai figli maschi adulti di status libero e che fossero  in possesso del diritto di cittadinanza in base a diversi criteri. Dal godimento dei pieni diritti erano escluse le donne, gli stranieri residenti liberi e gli schiavi. Sul piano politico i diritti fondamentali consistevano nell’esercitare la sovranità e le magistrature), praticare l’attività giudiziaria partecipare alle assemblee. Essere cittadini comportava una serie di vantaggi di carattere puramente economico, dalla retribuzione delle cariche pubbliche, al possesso di beni immobili, all’accesso ai sussidi statali e alle distribuzioni di denaro, grano e carne. Ai cittadini erano imposti solo dei tributi indiretti, come le tasse portuali o dazi, ad eccezione delle classi liturgiche. Tutti i cittadini al compimento dei 18 anni giuravano sulla Costituzione, impegnandosi a difendere la patria ed a obbedire alle leggi. I cittadini erano inseriti in strutture preesistenti alla realtà delle polis e risalenti alle antiche tradizioni di carattere genetico, organismi paralleli a quelli statali. Ora in questa modernità, con questo sistema l’idea della Polis o essa stessa sono tramontate, qualcuno grida che il 25 Aprile è morto! E allora che significato dare alla Fosse Ardiatine, Marzabotto, alle Foibe, ai fucilati e agli impiccati, alla Risiera, ai Campi di Sterminio! Se fosse così siamo veramente alla frutta e quel che rimane è lo schifo e l’indignazione delle miserie umane, l’impoverimento culturale e sociale, a volte il vuoto. Si sono fatte cose talmente male che ne viene difficile la comprensione anche ai più dotti, immaginarsi a noi che disconosciamo, che non seguiamo, che trascuriamo; immaginarsi noi in questo caos e per giunta anche divisi dal solo colore di uno scampolo di stoffa che sventolando dall’alto di un pennone ci ricorda a chi apparteniamo e cosa siamo. Quello che non ricordiamo invece è che siamo un solo popolo con la stessa lingua e di mille dialetti da Nord a Sud sino all’ultimo lembo di terra italica che meraviglia altri popoli, altre culture, altre latitudini. A mancare però è la << POLIS >>.