Mediolanum, il Fisco esige 344 milioni

Nel mirino il gruppo di consulenza finanziaria controllato dalla famiglia Doris e dalla Fininvest di Silvio Berlusconi. L’Agenzia delle Entrate “punta” sui rapporti con la controllata irlandese Mediolanum International Funds. Banca Mediolanum e Mediolanum Vita, due delle società del gruppo, si sono viste recapitare una serie di avvisi di accertamento fiscale riferiti agli esercizi 2005, 2006 e 2007 per complessivi 323,4 milioni di euro, tra imposte non pagate e sanzioni, che si aggiungono ai 20,8 milioni di euro già contestati nel 2010. Gli avvisi di accertamento, l’atto con cui il Fisco contesta formalmente il mancato pagamento di imposte, segue a un’ispezione della Guardia di Finanza, tra il settembre 2010 e il febbraio 2011, e ad accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. Non è escluso, peraltro, che il conto possa in futuro farsi più salato, avendo i Finanzieri esaminato anche gli esercizi 2008 e 2009. L’Agenzia delle Entrate contesta il “livello di retrocessione”, giudicato inferiore ai parametri di mercato, delle commissioni incassate dalla controllata irlandese a Mediolanum Vita e Banca Mediolanum. Il sospetto è che il gruppo mantenga su Dublino una quota incongrua dei propri ricavi, così da sottoporli alla mano più leggera del fisco irlandese. Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’imponibile sottratto al fisco italiano tra il 2005 e il 2007 ammonterebbe a circa mezzo miliardo. Mediolanum che ha definito l’analisi del Fisco “illegittima” ed “errata” per quanto riguarda il calcolo del maggiore imponibile n nonché “illegittima quanto alle sanzioni”. Tuttavia, anche “in ragione della complessità della materia”, il gruppo di Doris ha deciso di attivare la procedura arbitrale europea sulle doppie imposizioni e rimettere così “la soluzione della controversia alle competenti autorità fiscali italiane e irlandesi” che a questo punto dovranno decidere quale è la quota di imponibile che spetta ai due Paesi. In ogni caso, forte dal parere dei suoi consulenti, Mediolanum ritiene che i prezzi di retrocessione delle commissioni “rientrano nel range di valori di libero mercato individuati da economisti indipendenti”. Ritenendo il rischio di soccombenza solo possibile e non quantificabile non sono stati effettuati stanziamenti in bilancio.