Vercelli, il femmicidio di Donika Xhafa va raccontato senza ambiguità

“Non viveva più insieme al suo assassino da tre anni. Si chiamava Donika Xhafa e abitava a Vercelli l’ultima vittima del dramma del femminicidio. Lo schema è quello classico, che ormai tristemente conosciamo come la tragica trama di un film: lui esce di casa e si dirige con la sua macchina da Calliano d’Asti fino a Vercelli, dove lei abita; cerca di convincerla a riallacciare i rapporti; i due litigano e, da ricostruzione giornalistica: “esasperato dai continui rifiuti, ha estratto la pistola e l’ha uccisa, lasciandola in una pozza di sangue ormai priva di vita in mezzo alla strada”. Dobbiamo dire no con convinzione al femminicidio, ma per farlo dobbiamo cercare di cambiare anche la prospettiva con la quale raccontiamo queste vicende: l’uomo che ha schiacciato il grilletto contro la donna, ieri sera a Vercelli, non era esasperato. Non dobbiamo lasciare il minimo spazio all’ambiguità: l’esasperazione è una giustificazione e noi non vogliamo che nessuno possa in qualche modo giustificare un gesto frutto della prepotenza. I femminicidi non sono delitti passionali e non sono uomini disperati o esasperati a commetterli: sono omicidi commessi da assassini. Nel 2012 sono state 125 le vittime del femminicidio; nel 2011 sono state 127, quest’anno sono già 6. L’omicida di Vercelli oggi è in carcere perché si è costituito ai carabinieri, Donika Xhafa è dentro l’obitorio di un ospedale morta: per lei non ci sono più altri giorni da vivere con i suoi due figli. Per combattere il femminicidio dobbiamo evitare di renderci complici di questi assassini: dobbiamo raccontarlo senza ambiguità svelando il volto più truce della violenza maschile”.
E’ quanto scrive in una nota Monica Cerutti, responsabile nazionale Diritti Sinistra Ecologia Libertà.