Giù le mani dalla Bibblioteca Calabrese di Soriano. Allarme della scrittrice Graziella Idà

Tra la metà del XVII e XVIII secolo, il celebre Convento di san Domenico di Soriano Calabro possedeva una biblioteca ritenuta la più ricca della Provincia Domenicana di Calabria e di tutta Italia. Lo storico vibonese Vito Capialbi scriveva che “fin dal suo nascere divenne adulta, copiosa e ricca di libri e di manoscritti […] e i frati si preoccupavano di arricchire continuamente la loro biblioteca […] non guardavano a spese e a disagi per procurarsi tutte le opere possibili”. Addirittura, sempre nel ‘600, i Domenicani portarono a Soriano da Napoli uno stampatore per fondarvi una tipografia ad uso del monastero. Da allora molte furono le alterne vicende che interessarono la Santa Casa di Soriano, già famoso in tutto il mondo. Ancora oggi i Domenicani di Soriano continuano ad essere indefessi animatori della loro biblioteca non solo nel raccogliere e custodire lavori editoriali ma anche a produrne. E parallelamente, è forse per una sorta di eredità e continuità voluta dal Santo Predicatore come apostolato laico, se nel 1981 nella cittadina delle Serre vibonese è stato istituito il Centro Culturale del folclore e delle tradizioni popolari con la Biblioteca Calabrese che ha sempre richiamato, in questi anni, da molte parti studiosi, curiosi ed accademici. Insomma una struttura culturale animata con passione, saggezza e competenza, dalla prima ora e fino al giorno della sua morte avvenuta lo scorso (27 febbraio 2012) dal “suo” Direttore il carissimo amico il prof. Nicola Provenzano, tantissimo compianto da tutta Soriano che lo elesse a “suo” figlio in eterno. Nel 1995, poi, superate non poche difficoltà nel proseguire, la struttura sorianese divenne Istituto della Biblioteca Calabrese con un patrimonio librario di oltre 33 mila volumi tra i quali numerosi incunabili del ‘400 e cinquecentine. E non solo. Dal 1988 ci offre anche un prezioso strumento editoriale d’informazione su tutto ciò che ruota attorno e vi si anima dentro la Biblioteca, si tratta del bollettino semestrale Rogerius che, per dirla con le parole di Provenzano, vuole essere “un ponte fra la terra di origine e i calabresi della diaspora”. Orbene, la Biblioteca sorianese e il suo Rogerius rischiano di essere cancellati. Ancora una volta c’è qualcuno che sparge voce di una possibile chiusura della struttura calabrese ad opera di sciagurati amministratori regionali.  È di questi giorni l’allarme lanciato dalla giornalista e scrittrice Graziella Idà che, in proposito, così scrive:” quando si parla di tagli come politica del risparmio la cultura  è la prima a farne le spese, chissa perché! Se si sopprimono quelle valide e poche realtà culturali, progettate e costruite tomo dopo tomo con fatica, passione e determinazione da validi uomini che hanno dedicato e messo al servizio della cultura la loro vita, di certo dobbiamo preoccuparci…”. Già nel 2009, non molti anni son passati,  la Regione Calabria – associata all’Istituto della Biblioteca Calabrese con L. R. 19/1995 – aveva cancellato dal bilancio regionale di quell’anno il suo contributo. Un contributo che, indirizzato solo all’arricchimento del patrimonio bibliografico e speso con intelligente ed oculata attenzione al mercato del libro antico e non solo, ha consentito alla nostra Biblioteca di costituire un punto di eccellenza nel panorama delle biblioteche calabresi. C’è poco da aggiungere a tanta negligenza da parte di “distratti” amministratori regionali che spendono e spandono i fondi che sono pubblici per tante iniziative inutili Mi piace, a riguardo, ricordare ancora una volta ciò che è accaduto allo storico catanzarese Cesare Mulè.. Così raccontava il Mulè: “Dopo tre mesi di ermetico silenzio mi sono recato nel competente ufficio dell’assessorato e dopo tortuoso argomentare ho sbottato con la domanda: ‘Ma come spendete i fondi regionali?’. Risposta: ‘Per grandi eventi culturali come la Notte Piccante a cui abbiamo concesso 300 mila euro’. Replico contestando l’eccezionalità dell’iniziativa. Risposta: ‘Lei si sbaglia perché non sa che il peperoncino è il segno identitario del territorio’. Con sconforto mi sono alzato congedandomi”. Così è se vi pare!