Grazzanise, usura ad Emilio Diana, in manette Antonio e Raffaello Di Lillo

Arrestati due usurai in provincia di Caserta. Si tratta di Antonio Di Lillo, 63 anni ed il figlio Raffaello, 36 anni. I due sono accusati di concorso in usura aggravata. L’indagine trae origine dalla denuncia sporta da Emilio Diana, titolare e gestore di una azienda zootecnica di allevamento bufalino di Grazzanise, che aveva riferito di essere sottoposto ad usura dalla fine del 2007 ad opera degli indagati, identificati rispettivamente in padre e figlio. Diana verso la fine del 2007 trovandosi in difficoltà economiche, connesse all’attività della propria azienda bufalina, si era rivolto al fratello che a sua volta lo aveva messo in contatto con Antonio Di Lillo, il quale sin dal primo incontro si era mostrato disponibile ad elargire dei prestiti in denaro monetizzando assegni post datati.

Nel 2008 Diana aveva nuovamente fatto ricorso ad un prestito proveniente da Di Lillo, anche questa volta per far fronte alle spese di gestione dell’azienda. Da tale epoca avevano avuto inizio una serie di prestiti che si sovrapponevano tra di loro sia pure con regolamentazioni autonome nel periodo che va dal 2009 al 2010. In questa seconda fase faceva la sua parte anche Raffaello Di Lillo. Quest’ultimo fungeva da beneficiario degli assegni comprensivi degli interessi rilasciati da Diana a garanzia della restituzione degli importi ricevuti.

Le investigazioni hanno permesso di accertare una corresponsione da parte della vittima dei soli interessi riferiti al periodo 2008 – 2010 di euro 39 mila circa, con un tasso annuo del 120%, risultando quest’ultimo di gran lunga superiore al cosiddetto tasso soglia determinato per operazioni similari e periodo riferimento dalla Banca d’Italia. Inoltre è emerso come Antonio Di Lillo abbia prodotto una denuncia presso l’Ufficio di conciliazione provinciale dichiarando falsamente di aver prestato attività lavorativa nell’azienda di Diana, al fine di premunirsi da una eventuale denuncia penale da parte della vittima. Ma Di Lillo, legale rappresentante di una attività immobiliare, non poteva in alcun modo avere interferenze commerciali con la gestione di un’azienda bufalina.