Torna Il Paraninfo di Luigi Capuana, classico del teatro comico siciliano

Insieme - Paraninfo

Nel nuovo cartellone del Teatro Stabile di Catania, non poteva mancare un popolare classico in vernacolo, appuntamento che il direttore Giuseppe Dipasquale propone anno dopo anno, per valorizzare la letteratura drammatica fondata sul patrimonio linguistico dialettale. La scelta è caduta su un testo di culto: Il paraninfo di Luigi Capuana, pietra miliare del teatro comico siciliano, che ben si sposa con il fil rouge della stagione 2012-2013, intitolata “L’arte della commedia” e mirata appunto a scandagliare le infinite declinazioni della comicità, dal brillante al grottesco. «In tempo di guerra – sottolinea Dipasquale –  si ride. In tempo di pace si riflette sulla guerra. La storia del Teatro, e dell’Umanità, è andata avanti con questo paradossale assioma. E poiché la forza del Teatro è la persuasione, solo con un’allegria di naufragi, per dirla con Ungaretti, è possibile leggere con distanza e la dovuta ironia la difficoltà dei tempi odierni. Commedia è il meccanismo sociale, come diceva Bergson, che permette all’uomo di recuperare il disagio della tragedia».

       In questa visione si programma anche Il paraninfo, in scena al teatro “Angelo Musco” dall’11 gennaio al 10 febbraio. Risate assicurate per esorcizzare la crisi. E per combatterla un forte atto di responsabilità: gli attori hanno accettato, senza eccezione di ruoli, la paga minima sindacale uguale per tutti. Nella stessa ottica, per ottimizzare le risorse e ridurre gli sprechi, la produzione dello Stabile riprende e rinnova quella realizzata con grande successo nel febbraio 2003, puntando sulla qualità di allestitori e interpreti. Regia e adattamento sono di Francesco Randazzo, che posticipa l’azione dalla Sicilia postunitaria a quella dell’ultimo dopoguerra e trasforma lo spettacolo in una vera e propria commedia con musiche, attingendo alle melodie d’epoca e puntando molto sulla vivacità delle danze. Dora Argento firma scene e costumi, Silvana Lo Giudice le coreografie, Franco Buzzanca le luci. La colonna sonora originale è di Nino Lombardo che ha curato anche la scelta di celebri musiche e canzoni del periodo.

       Nel ruolo del titolo un beniamino del pubblico come Angelo Tosto, qui affiancato da un folto cast che annovera Vitalba Andrea, Alessandra Barbagallo, Filippo Brazzaventre, Cosimo Coltraro, Egle Doria, Camillo Mascolino, Margherita Mignemi, Rosario Minardi, Sergio Seminara, Olivia Spigarelli, Riccardo Maria Tarci, Aldo Toscano, Luana Toscano. Al pianoforte lo stesso Nino Lombardo.

       Tutti gli attori hanno accettato la paga minima sindacale per fronteggiare la crisi e lanciare con forza alle istituzioni pubbliche un alto messaggio di responsabilità. «L’alternativa –  si legge in una nota della stessa Compagnia – sarebbe stata la rinuncia a produzioni teatrali come questa alla quale il pubblico catanese si accinge ad assistere. Invitiamo a prendere coscienza che la nostra è una categoria di lavoratori che, al pari delle altre, contribuisce al miglioramento della qualità della vita e al progresso culturale. E come tale va sostenuta con ogni forma di partecipazione sia da parte del pubblico che degli Enti, quali Stato, Regione, Provincia e Comune. È indubbio l’impegno e il valore degli artisti professionisti che nel corso degli anni hanno contribuito a promuovere il repertorio teatrale non solo siciliano, in uno con il patrimonio artistico e culturale della nostra terra, tenendo alta la dignità e il livello del proprio lavoro. Invitiamo dunque a riflettere su una ipotesi impensabile da 2000 anni a questa parte e che potrebbe realizzarsi a breve: potremmo perdere il nostro lavoro e il sostentamento per centinaia di famiglie, ma il pubblico potrebbe perdere per sempre il piacere di fruire di un teatro di qualità messo in scena da professionisti».

      Angelo Tosto - Paraninfo È il caso di questa bella edizione del “Paraninfo”. Situazioni esilaranti innervano un capolavoro ricco di risvolti umani e sociali, com’era nelle corde del grande scrittore verista. In un’epoca in cui il matrimonio combinato era assai diffuso, l’autore rivendica la priorità del sentimento. Convinto altresì dell’importanza del teatro dialettale, Capuana redige il copione in siciliano ricavandolo da una sua novella in lingua. Non a caso la pièce si colloca agli albori di quel “secolo breve” che tanto fecondo si sarebbe rivelato per la narrativa e la drammaturgia isolane. «Dodici aprile 1915. Questa data non si cancellerà mai dalla mia mente, dovessi campare mille anni!». Angelo Musco ricorda così nell’autobiografia la prima rappresentazione milanese, che lo avrebbe consacrato come il più grande comico dei suoi giorni.

       Capuana tratteggia da par suo uno spaccato di fine ‘800, per raccontare la vicenda di un ex maresciallo della Guardia di Finanza, il cui scopo nella vita è portare al fidanzamento giovani e meno giovani, borghesi e campagnole di buona famiglia. Per Don Pasquale Minnedda fare sposare il prossimo è una “missione”, ma gli procura più guai che gratitudine, visto che le sue coppie improbabili si sciolgono in men che non si dica. Con la sua parlantina da avvocato mancato, Pasquale è appunto un paraninfo, ovvero un combinatore di matrimoni per professione, quale ormai non si trova più neppure nei piccoli paesi della provincia. Ma il fascino del testo resta inalterato.

       Osserva il regista Francesco Randazzo: «La mia versione scenica ritorna, in tempi di crisi, quale piccolo antidoto che, attraverso la comicità, auspica quel senso di positivo umore collettivo che lo spettacolo suggerisce. Il motore della pur esile vicenda è infatti l’ottimismo, la volontà di affrontare il mondo e le sue difficoltà, reali o inventate. In un contesto di libertà creativa, anarchica e popolare, come i teatranti che mi hanno preceduto, ho esaltato di questo classico il guizzo e lo spirito frizzante, in modo fruibile per il pubblico attuale, composto da generazioni differenti: le più vecchie amano riconoscersi in ciò che vedono, le più giovani sorprendersi, scoprire ciò che sta prima di loro, con ritmi e codici propri. Quindi modernizzare, rivitalizzare, rendere riconoscibile un genere, ed allo stesso tempo dargli un respiro più vicino a noi. Da qui lo spostamento temporale in un immaginifico secondo dopoguerra, momento di rinascita, apertura ad influssi culturali ed artistici, entusiasmi e novità. Perché ciò che conta è appunto l’ottimismo, la positività. Così tutti, teatranti e pubblico, abbiamo la fugace possibilità di seppellire la tristezza con una risata. Che non risolve, ma ricarica i nostri spiriti stanchi in questi tempi duri».