La Chiesa di Reggio – Bova celebra oggi san Cipriano, medico di Calamizzi

 Leggo da “Della Calabria Illustrata” di P. Giovanni Fiore da Cropani: “Fu egli cittadino di Reggio, monaco di S. Basilio ed Abate di S. Nicolò di Calamizzi. Né altro si legge di lui. Il sacro cadavere, già seppellito nella chiesa del suo nome fu in questo secolo a caso ritrovato da D. Gaspare Domenicani Procurator di Monsignor Sfrondati Commendatario dell’Abazia, con occasion di scavarvi tesori e poi furtivamente trasportato altrove. Santo così miracoloso, che la terra, ove riposava il suo prezioso corpo, operò molti miracoli”. Sto parlando di Cipriano nato a Calamizzi di Reggio Calabria attorno al 1110 – 1120, da padre medico ed anche egli “esperto della scienza medica”. Ben presto sentì il richiamo dell’ascesi e si ritirò nel monastero del SS. Salvatore di Calomeno della Diocesi reggina. “Ma la vita cenobitica non lo soddisfaceva pienamente, nonostante fosse dura per le veglie, per il lavoro e per la disciplina. Perciò si rivolse all’egumeno  del monastero per poter condurre vita eremitica e si ritirò, giovane venticinquenne, nelle terre paterne di Pavigliana, dove vi era un tempio dedicato a Santa Veneranda” come ci  riferisce don Bruno  Sodaro. Tra le grotte di Pavigliana, sulle colline a sud – est del capoluogo reggino, il nostro eremita trascorse ben vent’anni della sua esistenza nella perfetta solitudine talvolta interrotta da gente che accorreva a lui, sapendolo medico, per ottenere aiuti nelle loro infermità. Giunto ormai all’età di sessant’anni, per obbedienza alla volontà di Dio, Cipriano accettò di diventare egumeno del monastero di san Nicola di Calamizzi, essendo morto nel frattempo quell’abate Paolo. Di sicuro fu zelante rettore per virtù spirituali ed amministrative: restaurò la chiesa, costruì il campanile, rifece le celle ed il refettorio e non mancò di dotare di ricchi libri la biblioteca. Ma non fu privato certamente delle sofferenze fisiche dacchè, caduto dal carro che utilizzava per i continui spostamenti e trasporto di materiali, si procurò una frattura alle gambe che lo rese claudicante per tutta la vita. “Inoltre – scrive Sodaro in “Santi e Beati di Calabria” – nei possedimenti agricoli del monastero costruì case per i coloni, chiese e cappelle. Dimostrò grande generosità per i poveri e gli ammalati che curava, avvalendosi della sua scienza, gratuitamente, anche con interventi miracolosi”. Morì il 20 novembre del 1190, seppellito nel suo piccolo e caro monastero distrutto dal terremoto del 1783 lasciando illesi miracolosamente i monaci che vi vivevano. Dei resti mortali di san Cipriano dopo il 1600 non se ne seppe più nulla. E peròla Diocesidi Reggio- Bova lo venera come santo il 20 novembre.