Bassano del Grappa, false sponsorizzazioni sportive per 20 milioni di euro

Sette persone denunciate residenti nelle province di Vicenza, Venezia e Reggio Emilia, 48 i soggetti economici coinvolti, tra cui 5 aziende “cartiere”, 2 associazioni sportive. Per altre 41 posizioni sono in corso approfondimenti. Perquisizioni eseguite in Veneto, Emilia Romagna e Puglia. E’ stato disposto il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di circa 700 mila euro. La frode fiscale era stata organizzata da un gruppo criminale attraverso l’emissione ed uso di fatture per operazioni inesistenti.

I militari della Compagnia di Bassano hanno eseguito, tra l’altro, il sequestro di un appartamento in una zona residenziale di Vicenza, del valore di circa 500 mila euro. Le indagini sono state avviate dalle Fiamme Gialle attraverso una attività info-investigativa che ha consentito di accertare che alcune associazioni sportive, sia del volley che dell’hockey, e societàdelle province di Vicenza, Venezia e Reggio Emilia si sono rese responsabili dell’attività fraudolenta riferita all’emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti, o con importi gonfiati, nei confronti dei clienti “sponsor”, operanti in diversi settori commerciali, resa possibile anche attraverso l’interposizione fittizia di alcune società “cartiere”.

Tra le persone indagate, emerge la figura di un vicentino B.m., 50 anni, che avvalendosi di più società di comodo prive di strutture operative (le due maggiori localizzate a Verona e Reggio Emilia) che si interponevano tra le associazioni sportive e le imprese clienti, si era dedicato in modo professionale all’attività di procacciamento di “sponsor”, emettendo fatture gonfiate. Il meccanismo, oltre a permettere il finanziamento dell’associazione sportiva, che tratteneva solo una quota parte della somma ricevuta per la sponsorizzazione, veniva posto in essere con lo scopo di permettere all’utilizzatore delle fatture false (“sponsor”) l’indebita deduzione di costi fittizi, la detrazione dell’iva ad essi correlata e, soprattutto, di crearsi un’ingente riserva di denaro extracontabile.

Gli indagati, per dare una parvenza di legalità alle operazioni illecite, movimentavano i conti correnti intestati alle società cartiere, i cui amministratori e prestanomi provvedevano successivamente a monetizzare, trattenendo una percentuale variabile e restituendo il restante ammontare in contanti ai titolari delle aziende clienti, che potevano così costituirsi “fondi neri” extrabilancio.