U scarparu dimenticato dai giovani

Maestro Francesco Sirgiovanni, sapiente costruttore della scarpa. Anche di lui ci rimane il ricordo

Un mestiere vittima delle industrie, il calzolaio, scomparso come tanti altri mestieri, eppure intere famiglie  vivevano di questo lavoro. Decine di botteghe che erano la caratteristica oltre che l’utile, di un paese, quando la gente ci teneva alle sue scarpe perché spesso erano il solo paio che si possedeva. Il calzolaio seduto dietro il suo desco (banchetto di lavoro) carico di vari piccoli attrezzi, costruiva a mano e di sana pianta qualsiasi tipo e modello di  scarpa. Spaziava nelle varie forme, dallo stivalone alle scarpe per uomo, scarponi, scarpina, così chiamata o per donna, modellini per bambini, o sandali, zoccoli e si riforniva del cuoio direttamente dalla concerie, anche questo mestiere sparito, almeno in Calabria, industrializzandosi altrove, con produzione più abbondante per fornire i vari calzaturifici, che oggi ci offrono calzature di ogni tipo e prezzo. Sparite ormai, quelle botteghe dei calzolai movimentate, tra allievi e clienti che sedevano per passare il tempo e riportavano le ultime notizie del paese, un po’ come dal barbiere, le botteghe che erano il giornalino, a conoscenza di tutto quello che succedeva, anche nel privato più recondito, sono scomparse. Di questo mestiere non c’è più nessuno, anche quando sulla porta di una bottega leggiamo calzolaio, ci troviamo in presenza di persone che riparano solamente la scarpa o meglio, sostituiscono o applicano i tacchi o le suole e finisce lì. Lo spago incerato non serve più, la colla di pesce di allora, la pece, le forme di ferro o di legno in fila su una mensola, le scarpe ammonticchiate che di volta in volta venivano riparati, lesina, punteruolo, forse si usa il martello, il trincetto, coltello che serve per tagliare la suola che viene fuori oltre la misura. Sulla targa di qualche bottega troviamo addirittura, la scritta “Ospedale della scarpa” ma gli interventi sono di quelli lievi ormai senza anestesie, come già abbiamo parlato. Le scarpe non si rattoppano più, si buttano mentre allora su una scarpa, alcune volta si vedevano più rattoppi e tutti cuciti uno per uno. Cose che i giovani oggi, non riescono neppure a credere, finanche gli stessi tacchi arrivano già di varie misure per uomo o donna e il calzolaio attacca soltanto con il nuovo  mastice, incolla. Addio vecchie forme di ferro o di legno, pinze e lesine, incudinetta e martelli, neppure il pelo di maiale serve più, che si applicava alla punta dello spago per facilitare la cucitura e farlo entrare attraverso i buchetti fatto dalla lesina, la cera che serviva per lucidare i bordi. Addio vecchio mestiere, ai meno giovani rimane solo il ricordo come di tanti altri mestieri scomparsi.

Filippo Stirparo